Quale è l’ingrediente imprescindibile di un buon insegnante?

Non penso di dire una cosa nuova quando sostengo che ci sono insegnanti bravi, che piacciono e che riescono a trasmettere con facilità le loro materie.

Alessandro Barbiero incanta con la sua Storia e Matteo Saudino ci porta nell’Iper Uranio di Platone con facilità, mentre Vincenzo Schittino con la sua “Fisica che ci piace” dopo molti consensi raccolti sul suo canale Instagram, è arrivato in tv riuscendo a raggiungere uno share superiore alle più rosee aspettative (16 aprile 2024). Che dire infine di Alberto Manzi che, primo insegnante a distanza, riuscì nel dopoguerra a far raggiungere la licenza elementare a moltissimi anziani analfabeti?

All’uomo, sia esso piccolo o grande, piace comprendere, piace apprendere e che non esistono studenti stolti1. Quindi quale è la componente (o più componenti) del successo di alcuni e dell’insuccesso di altri insegnanti?

Esperienza personale

Recentemente ho intrapreso un percorso personale di studio iscrivendomi al Liceo di Scienze Umane. Sto facendo una intensa imbottitura di informazioni che passano dalla letteratura Italiana a quella Latina, dall’arte Etrusca alla chimica, per finire alla matematica.

Leggo libri scolastici, ascolto video e ho anche ricevuto delle “ripetizioni”. Mentre assimilo, osservo la sorgente del sapere scoprendo delle cose interessanti.

Preparazione

Può sembrare che uno degli ingredienti principali sia la preparazione. Il dato lo trovo incompleto. Un buon insegnante deve essere sì preparato nella propria materia, ma deve avere anche un amore per essa. L’amore di questo sapere porta a trasmetterlo con passione. Proprio ieri ho assistito ad una lezione di Contabilità. La persona che forniva lezioni su questo soggetto, non certo affascinante come la Storia, aveva sviluppato un tale rapporto con esso che ne aveva scoperto le origini, ne aveva scritto un glossario e ottiene successi regolarmente spiegandolo perfino a laureati in Economia.

Empatia

Sarebbe però di poco valore la preparazione della materia e l’amore per essa, se queste due cose ponessero l’insegnante nella “Torre d’avorio del sapere” snobbando chiunque non abbia le sue competenze. Nel trasmettere l’informazione ci deve essere amore per la materia, ma anche una tolleranza nel trasmetterla che supera l’ignoranza degli altri. E tale tolleranza dovrebbe essere espressa con un tono adatto.

Considerazione dello studente

Ho trovato libri delle medie dove il concetto non era per nulla accessibile. Se io scrivo un libro per i ragazzi di dodici anni devo considerare la loro preparazione e il loro dizionario. Non posso esagerare con termini che non conoscono e, se è proprio necessario inserirli, devo preoccuparmi di spiegarli. In passato mi era successo di leggere una pagina di un libro di storia perché ero andato in soccorso di una mamma amica. Era del tutto incomprensibile. Lei aveva pensato fosse dovuto a sue lacune nella preparazione, ed invece tutto il periodo era stato scritto senza che la sintassi salisse a bordo. Non si capiva. Nel leggerlo io stesso avevo sperato che ci fosse stato un errore di battitura da parte dello scrivente, ma ho capito che una volta scritto il capitolo, l’insegnante non si fosse preoccupato di rileggerlo assumendo il punto di vista di un adolescente di 12 anni.

Durante una lezione se la principale attenzione è su ciò che si dice e i presenti sono figure inanimate ed inesistenti, sicuramente non si viene apprezzati.

A supporto di tale considerazione è l’intervista in cui Alessandro Manzi spiega come venne selezionato in RAI per tenere il programma “Non è mai troppo tardi”, programma degli anni sessanta, in cui si cercava con la TV di abbassare l’alto numero di analfabeti esistenti in Italia. Lui stravolse lo schema dello sceneggiatore facendosi portare dei grandi fogli e dei pennarelli.  Comprendeva  cosa accadeva nella testa di una persona a cui doveva far capire che  con dei grafemi si può trasmettere e ricevere un’idea.  La tolleranza al sapere differente dal suo lo aveva portato ad insegnare dentro un carcere minorile.

Conclusione

Abbiamo trovato differenti ingredienti che possono partecipare al buon insegnamento. Ma per poter utilizzare tali informazioni dobbiamo estrarne uno comune a tutti.

Riassumendo, l’insegnante deve avere amore per la propria materia ed amore per i suoi studenti, deve tenerli in viva considerazione come percepenti della sua comunicazione,  sia essa scritta, verbale o addirittura in video. Deve poi avere chiaro cosa succede nella mente delle persone, e sì, deve notare cosa avviene: i loro occhi sono più vivi, o serpeggia un dubbio. E assumere sempre un atteggiamento umile: se non ha capito devo trovare un nuovo esempio. Diciamo quindi tolleranza.

E quale è il fattore che contiene tutte queste cose?

Questo è Amore per  la conoscenza che gli altri possono raggiungere.

Se ci pensate, in esso trovate tutti gli altri elementi elencati sopra.

Amore per la materia: voglio conoscerla bene per spiegarla meglio.

Amore per il prossimo: se amo il suo sapere non posso certo odiare lui.

Considerazione per la parte a cui parlo e come quello che spiego viene assorbito: se desidero e amo la tua conoscenza, troverò quella parte di te che vuol sapere, che vuol conoscere e gioirò del tuo sapere.

Compreso questo, possiamo ora sederci e goderci Robin Williams nei panni del professore de “L’attimo fuggente”. Buona visione.

1 Primo capitolo del libro “La scuola facile per genitori impegnati”.