La matematica e l’Essere Spirituale
Andare attraverso lo studio che mi serve per presentarmi a settembre agli esami di ammissione alla classe quinta del liceo di Scienze umane, non è solo un’attività che sto facendo per la mia preparazione. Sto usando questo percorso per ampliare i miei studi di Pedagogia, vera materia di interesse. Quindi, mentre apprendo o trovo difficoltà ad apprendere o risolvo cose difficili da apprendere, capisco alcune dinamiche relative al soggetto che mi affascina: la trasmissione di dati agli studenti e il diffondersi del sapere.
Matematica: non sarò così malvagio da spiegarvi cosa sto studiando. Sappiate che il tempo dedicato a questa materia sta eccedendo la somma di tutto il tempo dedicato a tutte le altre materie. Del resto non puoi sapere qualcosa di matematica senza sapere quello che la precedeva.
Sto studiando algebra che è una branchia della matematica dove vengono usate lettere e segni.
La sensazione personale è quella di un indigeno che vive nella foresta, si ripara in caverne predisposte dalla natura, e qualcuno viene ad insegnarmi come costruire una casa in tutte le sue parti. Si comincia con la teoria di come deve essere una porta:
“Metti le assi a 90°…”
“Cosa vuol dire 90°?”
“Che devono formare un angolo retto.”
“Cioè?”
“Allora prendi un cerchio, dividilo in quattro parti uguali. Ecco l’angolo formato è un angolo retto.” (un’ora dopo)
“Bene, ho capito come si costruisce una porta.” Ora siccome non la uso, dovrei costruirne una decina per acquisire familiarità. Ma non c’è tempo. Ora passiamo alla finestra.
“ A cosa serve una finestra?”
“Per fare entrare o non far entrare aria nella casa.”
“Casa. Cosa è?”
“… Ora dobbiamo fare il muro!” “Va bene” “Deve essere a piombo” “Ovvero?” “Dritto e perpendicolare al pavimento.”
Il mio insegnante, che ha una visione della casa completa, sa perché si apre la porta e dove la troverò quando avrò finito la casa, sa perché devi installare un bagno e a cosa servono i tubi etc. Io no. Devo quindi fare atto di fede e continuare ad assimilare tutte le teorie che mi sta fornendo di espressioni, dis-espressioni, di primo e di secondo grado sperando che un giorno saprò cosa è la casa.
Il mio insegnante è molto bravo e forse perché io sono uno studente un po’ particolare che riceve ripetizioni da lui, il primo a sua detta della mia età, quello che fa un esercizio in più di quelli che mi assegna, che discute qualsiasi cosa che non capisce o forse perché chiede “della casa finita” (“cosa me ne faccio di questa porta Matteo?”) mi riserva un trattamento differente. Mi spiega che c’è una casa da costruire.
Questo trattamento è particolare ed io oltre a ringraziarlo, me ne accorgo.
Perché mi riserva questo trattamento? Perché ha visto che quando io non capisco faccio di tutto per uscire da questa condizione.
Ho una fortuna. So cosa vuol dire capire un soggetto e mi sono sempre adoperato per fare in modo che quello che io spiego, scrivo o comunico sia comprensibile alla persona/ne di fronte a me. Ma cosa fare per tutti quegli studenti, che a differenza di me, da tempo hanno abbandonato la speranza di comprendere?
Ho letto del materiale didattico della Montessori. Lo stesso ho fatto per Don Milani, L. Ron Hubbard e Daniele Novara. Ognuno di loro apporta o lo ha fatto, degli strumenti o suggerimenti pedagogici importanti e di valore. Ma cosa accomuna tutti questi personaggi?
Ognuno di loro ha o ha avuto un forte credo nello spirito umano. Tutti nei loro saggi e nei loro libri citano questa cosa, dai sogni chiesti ad un liceale interrogato da Danilo Dolci (episodio che mi è rimasto impresso nel libro del professor Novara) o alla composizione del bambino (uno spirito con una mente e un corpo) descritta dalla Montessori.
E che dire di Don Milani che senza una cultura di insegnamento, ma con il grande cuore di chi è religioso dentro, apre una scuola per gli ultimi?
Ognuno di loro ha conosciuto gli occhi accesi di un bambino che capisce ed apprende, ognuno di loro ha considerato questo essere un grande spirito rinchiuso in un piccolo corpo alla ricerca del sapere per vincere nel mondo che lo attende. E ognuno di loro non ha mai considerato malato o diverso un bambino che non comprendeva, ma ha analizzato il proprio modo di insegnare sapendo che un bambino può non capire solo per gli errori di un metodo (non per gli errori di un insegnante verso cui io ho grande stima).
“Ho imparato più da te in tre minuti che dalla mia prof. in 5 ore.”
Questo è uno dei commenti ad un video di matematica di un canale tenuto da un professore bravo ed intraprendente. Il commento è iconico perché mostra che questa studentessa voleva sapere quale fosse l’operazione delle parabole; si era connessa al canale per comprenderlo. In tre minuti lo aveva capito, cosa che la prof. non era riuscita a fare in 5 ore.
Se una persona riesce ad apprendere di più in tre minuti di video che da 5 ore di una lezione in presenza, la risposta deve per forza trovarsi nel sistema di trasmissione.
Io mi sono accorto che riconoscere quando uno studente comprende ha molto a che fare con due fattori principali:
- Considerarlo capace di comprendere qualsiasi cosa gradualmente e
- Saperlo spiegare.
Forse i due punti sembrano banali ma se ci fate attenzione, nel primo possono nascondersi delle insidie. Se lo specialista, che poco sa di pedagogia ma si ritiene un esperto di disturbi, convince l’insegnante che il fallimento dello studente non dipende da lui in qualità di insegnante ma dipende dal ragazzo che ha dei “disturbi” appena scoperti da chi mai si è seduto ad insegnare, la confusione regnerà sovrana. E soprattutto non aprirà la porta alla lecita domanda che uno potrebbe farsi: “Se il bambino è in grado di apprendere, ed io voglio che apprenda, forse la risposta sta nel metodo che con il tempo sta venendo corrotto da “nuove idee”.
Ma se io sono in grado di vedere l’occhio spento di chi non sa, se conosco il I Care di Don Milani e la grande capacità di assorbimento descritta dalla Montessori, e soprattutto ho uno spirito di insegnamento guidato dalla religiosa convinzione dell’essere che ho davanti, io non posso fallire.
Ecco quindi il fattore comune di questi mostri della didattica da me studiati: l’ amore per il prossimo e il loro religioso credo del valore delle persone che avevano di fronte; questo gli permetteva di comunicare e di cercare quella luce comune in tutti noi: la luce della comprensione. Ed allora gli studenti si desteranno e avremo fatto un salto didattico/pedagogico importante.