Digital Detox (parte1)

In una società che passa ora davanti a schermi (dal pc del lavoro, allo smartphone, alla TV) il digital detox è un’esigenza naturale.

Digital detox è l’espressione con cui ci si riferisce a un periodo di tempo, che si sceglie volontariamente di passare lontano da social media e altri ambienti digitali ma anche senza usare smartphone, tablet, PC e altri device simili, con l’obiettivo di rivedere e rendere più sano il proprio rapporto con la tecnologia.

Quello nuovo che sto presentando è la versione per giovani e bambini. Distinti in due macro categorie, la nuova generazione può essere definita una digital generation. La prima categoria sono i piccoli che vengono posteggiati davanti ad uno schermo per stare tranquilli o permettere alla mamma di finire i mestieri di casa, la seconda, dei giovani che passano ore ed ore (non è una esagerazione) al punto di non dormire a sufficienza ed avere problemi di apprendimento.

Riferimenti degli esperti e osservazione diretta

La domanda che si è posto lo studio pubblicato sul jama network (1) è la seguente: L’aumento del tempo davanti allo schermo è associato a scarse prestazioni nei test di screening dello sviluppo dei bambini?

Dopo differenti test che sono disponibili, la conclusione a cui lo studio giunge è la seguente (lo sviluppo riguardava bambini dai 24 ai 60 mesi):

I risultati di questo studio supportano relazione diretta tra il tempo davanti allo schermo e lo sviluppo del bambino. Le raccomandazioni includono l’incoraggiamento dei piani mediatici familiari, nonché la gestione del tempo davanti allo schermo, per compensare le potenziali conseguenze di un uso eccessivo.

Forse più deciso nei toni il noto pedagogista Daniele Novara:

Le ricerche confermano che dopo due ore davanti ad uno schermo il cervello smette di avere la possibilità di sottrarsi al consumo stesso e perde la connessione con il reale. Non si torna più indietro, lo sanno anche i genitori, soprattutto nei preadolescenti non si riesce a farli retrocedere. E durante il lockdown la situazione è peggiorata gravemente.

In aggiunta nel libro “Dalla parte dei genitori” il dottor Novara elenca i danni da esposizione da video con riferimenti accademici tali da far preoccupare un genitore: danni psicomotori dovuti alla sedentarietà catatonica, dipendenza da video, cambiamento della socialità nel bimbo, etc etc.

Del resto un’osservazione più diretta del problema la si può individuare per esempio nei ristoranti: i genitori sono insieme a parlare da buoni amici e i figli vengono lasciati al tavolo con il cellulare. Gli schiamazzi vengono risolti con una personalità composta e digitale di bambini allo stesso tavolo che fissano il loro device. Il problema è la reazione psicotica dei bambini quando i genitori finito il pranzo vogliono riappropriarsi dei loro telefoni, ma i bambini oramai dipendenti iniziano a strillare disperatamente.

L’abuso dello schermo spazia dal babysitter che permette alla mamma di fare i propri mestieri senza problemi, al fatto che “così non strilla”.  

Attenzione bloccata dai pixel ipnotizzanti

Il bambino davanti ad uno schermo focalizza le immagini perdendo la cognizione di ciò che lo circonda e riducendo notevolmente quella naturale propensione verso il mondo esterno. L’apprendimento avviene in maggior parte attraverso la sperimentazione diretta: il bambino fa le scale, corre, si bagna nelle pozzanghere, sperimenta la costruzione di capanne etc. Un buon insegnante dovrebbe essere solo una guida all’interno di questa sperimentazione che è la vita. Un saggio accompagnatore.

Mentre guarda un video lui è un artefice passivo dei pixel che surgelano questa sua propensione.

La sua “calma” non è che vita bloccata dalle lucette sincronizzate.     

Le parole del Prof. Giuseppe Riva (Direttore Laboratorio Sperimentale Ricerche Tecnologiche Applicate in Neuropsicologia)  non sono certo meno leggere. Riassumono i danni con le seguenti affermazioni:

Con l’utilizzo precoce e massiccio di queste tecnologie, quindi, cambia il modo di organizzare la conoscenza del bambino in maniera così radicale che si modifica la strutturazione della massa bianca del cervello e si possono avere alterazioni in aree fondamentali per lo sviluppo del linguaggio, delle capacità di alfabetizzazione e delle funzioni esecutive.

Si stanno registrando infatti molte segnalazioni da parte dei docenti delle elementari che registrano la crescita del numero dei casi di dislessia, e in generale di problemi del linguaggio e nella lettura.

Si riduce poi la capacità di concentrazione ma anche quella di attendere. Con il tablet si sviluppa il modello stimolo-risposta. Con il linguaggio posso parlare di cose che potrei non avere di fronte (posso parlare di un bicchiere anche se non ce l’ho davanti agli occhi). Col tablet o lo smartphone invece si agisce immediatamente.

Tutto ciò ha un impatto negativo anche sulla capacità di lettura che obbliga il soggetto a convertire le parole in un concetto. Tutto ciò richiede un processo di astrazione che il tablet non prevede e il tutto viene vissuto come sforzo cognitivo da parte del bambino. Si lede la sua capacità di concentrazione.

https://www.auxologico.it/sovraesposizione-bambini-schermi-tablet-smartphone

Insomma la creazione di una generazione di persone incapaci di leggere, di assorbire istruzioni – anche le più semplici come il codice della strada – incapace di elaborare soluzioni sia nel lavoro che nella propria vita, incapace di interagire con la realtà oggettiva è alle porte, generata  da quella che per molti fino a pochi anni fa era un avanzamento tecnologico incredibile.

E come a metà dello scorso secolo l’entusiasmo dell’energia Atomica  scaturito dalla fissione venne brutalmente spazzato via dall’onda d’urto di Hiroshima, la moltiplicazione della digitalizzazione nei giovani e giovanissimi rischia di creare danni ancora meno arginabili se non venisse in primo luogo aumentata la consapevolezza negli adulti, e regolamentato l’uso nei più piccoli.

Seguite la parte due per approfondimenti e soluzioni