Gli esami non finiscono mai (e meno male)

Per chi non lo sapesse, ho intrapreso un percorso di studio che andrebbe a sostenere la Campagna “Fuori dagli schermi è tutto un altro mondo”. Lunedì 2 settembre mi sono presentato  agli esami per poter essere abilitato alla classe quinta del Liceo di Scienze Umane. Sarei disonesto se dicessi che mi è stato richiesto tutto il programma di quattro anni, ma io mi sono impegnato a fare la mia sporca figura divertendomi a “navigare” tra Platone, Dante e Leopardi, e affogare tra le equazioni, disequazioni e altre parolacce della materia araba: l’algebra.

Nella precedente News letter annunciavo gli esami ed ho ricevuto auguri e richieste di aggiornamenti. Non gradisco parlare di me, ma ci sono fatti ed opinioni che meritano la dovuta attenzione.

Il primo giorno avevo Italiano scritto e 6 materie di letteratura (Italiano, filosofia, scienze umane ecc.).

Ho seguito la massa di studenti che saliti al primo piano si sono seduti ai banchi a semi cerchio (mai visti prima).  Il professore ha chiesto di avere sul tavolo solo penne e dizionario per il tema. Un po’ di apprensione per il clima l’ho sperimentata. Poi, arrivate le tracce e individuata una che parlava di come l’iconografia stesse cambiando i nostri tempi (praticamente una cosa su cui potrei scrivere una tesi di Laurea) sono partito di gran carriera. Dopo quaranta minuti avevo riempito quattro pagine ed ero a metà del componimento che avevo in testa, quando il professore mi ha invitato a riempire solo due o tre mezze facciate. “In che senso?” Ho chiesto. “Dividi il foglio protocollo in due per l’altezza e riempi due o tre facciate massimo”. Avevo un problema: dovevo tagliare cose che avevo scritto e che avevo in mente di scrivere.

Impegnato nel mio taglia e cuci, non ho potuto fare a meno di  raccogliere un commento di un altro studente. Dopo aver chiesto la definizione di una parola ed essere stato invitato a chiarirla sul vocabolario, lo studente ha affermato candidamente di non essere in grado di utilizzare un vocabolario di carta. Sebbene occupato a “ridurre il mio scritto” il mio sangue si è gelato, e non saprei dirvi se nelle vene o addirittura nelle arterie. La cosa che mi ha realmente colpito è stato il candore di tale affermazione, per me totalmente irreale. Il ragazzo stava dichiarando la sua incapacità di consultare un vocabolario. Non sapeva che con essa gli mancava la capacità di leggere l’alfabeto, di leggere le parole, i libri, la filosofia, i pensieri di altri e tutto lo scibile su carta.

Avrei potuto scrivere altre dieci “mezze pagine” su questa affermazione visto che il tema trattava il paradigma iconografico (la frontiera di apprendere tramite immagini), ma mi sono trattenuto.

La scuola dove ho fatto gli esami è una ottima scuola. I professori mi sono apparsi tutti molto attenti ai ragazzi ed i ragazzi in armonia con loro. Certo, quello di chimica è molto preciso, ha detto una ragazza con pantaloni alla moda, ma non ho mai sentito questi ragazzi  con i quali ho condiviso i corridoi per alcune ore nei giorni degli esami, lamentarsi, e i saluti fatti dopo l’estate mi sono sembrati tutti genuini da parte di entrambi. Non ero insomma in una scuola che può essere catalogata come di “cattivo livello”.  Ma quella affermazione, la sua esposizione accettata da professori e altri compagni come normale mi ha condotto a mettere l’attenzione sull’attuale livello di cultura esistente nella scuola.

Il mio interesse didattico e questa esperienza di “esami” di applicazione verso l’apprendere, nel verificare lo stato dei libri, dell’esposizione dei materiali si è arricchita con un’ulteriore dato: l’apprendimento come scritto da me in precedenza e come ho compreso dalla mia amica Regina Biondetti (1), sta realmente subendo una caduta sistematica.

Successivamente durante la prova orale mi è stata data carta bianca sul soggetto della Pedagogia. Ho raccontato quanto avevo  raccolto da Maria Montessori nel libro “La scoperta del Bambino” (2) quando nel 1916 spiegava come l’introduzione di arbitrari di Wundt nella scuola fossero inadatti e di come un fisiologo, specializzato nella meccanica di un corpo, non avesse la competenza per studiare questo magnifico Essere spirituale che sta entrando a contatto con il sapere del mondo della scuola. Ed io, come il bambino che nota il Re nudo (3), ho indicato nella mia interrogazione la relazione tra il ragazzo del vocabolario e una decadenza di metodo didattico e la inutile ’introduzione di etichette BES che stanno catalogando senza risolvere, che mettono in mostra il fenomeno senza indagarne la causa. Ho scoperto che la mia relazione non si può affermare, ma io come il bambino della fiaba l’ho fatta.

Grazie alla mia età dove non cerco consensi per la carriera, dove la paura dell’opinione di altri mi scivola addosso e mi lascia indisturbato, quanto sopra non mi ha spaventato, anzi la mia voglia di studiare ed intervenire su questo soggetto dell’educazione è decisamente aumentata.  

Oggi sono soddisfatto perché occuparsi dell’ipnosi provocata dagli schermi ed entrare nella didattica, ha un significato più intenso.

Ringrazio i professori della scuola che sono stati incoraggianti e pieni di ammirazione.

Alla prossima. 

  • 1. ancora prima di conoscere la Dott.ssa e Ricercatrice Regina Biondetti di persona, ne  avevo apprezzato il saggio sull’apprendimento di leggere e scrivere nei bambini, capitolo letto per capire cosa fare con mia nipote in prima elementare durante la pandemia [esperienza che ha dato origine al mio libro La Scuola Facile per genitori impegnati]. Il Capitolo dal titolo Leggere e scrivere: l’accesso al sapere, è il terzo del libro Maestri D’arte per l’Infanzia. Edito da Lib&Res. 
  • 2. Purtroppo non trovo più questo libro nella mia biblioteca e non posso assicurare che il titolo sia corretto.
  • 3. Questa fiaba di Hans Christian Andersen racconta di un Re talmente vanitoso che, raggirato, viene convinto di essere vestito di stoffe molto pregiate che sono visibili solo a persone che ne siano degne. In realtà è nudo. Tutti applaudono il vestito del Re, tranne un bimbo che nella sua ingenua integrità afferma, senza timore, che il Re è nudo.